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“Coronavirus, nasce l’infermiere di quartiere: «Più medicina sul territorio»”

Il Lavoro dell'Infermiere

Investimenti e assunzioni per seguire a casa i malati, aumentano i posti in Terapia intensiva. Borse di specializzazione e l’acquisto di ambulanze per il biocontenimento.

Il Covid fa volare gli investimenti in sanità. Il decreto Rilancio porta in dote al servizio pubblico 3 miliardi e 250 milioni. Aggiunti a quelli arrivati con la legge di bilancio e col decreto di marzo fanno un totale di 6 miliardi e 845 milioni. In pratica vengono colmate alcune lacune storiche che negli anni hanno indebolito il Servizio sanitario nazionale. Ora l’attenzione si sposta anche sulle strutture extraospedaliere. Su di loro grava il peso di contenere la ripresa dei casi ed evitare che i pazienti vengano ricoverati. Si allarga la forbice dell’assistenza agli ultra sessantacinquenni. La percentuale delle persone seguite a casa sale dal 4% al 6,7%, un tasso sopra la media Ocse.

Raddoppiano anche le cure a casa per i fragili

Raddoppiano anche le cure a casa per i fragili, indipendentemente dalla malattia. Rafforzata la rete sul territorio con il potenziamento dei dipartimenti di prevenzione e la nascita di unità speciali di continuità assistenziale, le Usca, organismi formati da medici di guardia medica, di medicina generale e specialisti ambulatoriali incaricati di seguire a domicilio le persone positive. Un modello di organizzazione concepito per localizzare rapidamente i nuovi casi e tracciare i contatti. Le Usca hanno la funzione di gestire i pazienti non ricoverati in ospedale. Nelle situazioni in cui non è possibile lasciarli a casa, l’alternativa sono strutture territoriali di isolamento, ad esempio alberghi e alloggi presi in affitto.

L’ossatura della rete sono gli infermieri di quartiere, già 9.600 nuovi assunti. Una strada già imboccata da alcune Regioni, capofila il Lazio che in una delibera per il potenziamento delle cure primarie attribuisce un ruolo chiave alla cosiddetta Assistenza Proattiva Infermieristica per le attività domiciliari. Crescono ancora i letti di terapia intensiva, nel timore che a ottobre, col ritorno della stagione fredda, la curva riprenda a salire, accompagnandosi all’influenza. I posti diventano 11.091, quasi raddoppiati rispetto alla dotazione di base esistente a febbraio, quando il Covid è esploso. Dovrebbero diventare permanenti.

L’infermiere di quartiere, chissà da dove è uscita questa bizzarra definizione, delinea una risposta a un’emergenza di assistenza domiciliare legata al Covid-19. Il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità, invece, è proattivo, generalista-specialista, di connessione sistemica e, per essere implementato, richiede l’attribuzione di un numero predefinito di cittadini, il loro libero accesso e la possibilità di interfacciarsi con la rete dei servizi e con le risorse del territorio.

Il Lavoro dell'Infermiere

Qual è allora il ruolo coperto oggi dagli infermieri di famiglia?

Ad oggi, gli infermieri libero professionisti che già lavorano sul territorio svolgono un ruolo importantissimo per i cittadini. Le loro attività spesso superano di gran lunga le prestazioni per cui sono pagati e sopperiscono alle carenze delle cure territoriali. Sono maggiormente presenti nelle zone in cui i Servizi territoriali delle ASL non sono stati sviluppati o sono stati ridotti e dati in “out-sourcing”, come ad esempio in Lombardia. I medici di medicina generale che collaborano con gli infermieri delle cure domiciliari distrettuali o che hanno infermieri libero professionisti nei propri studi ben conoscono il valore del loro contributo. Come anche i cittadini che ricevono assistenza domiciliare o nelle cure palliative.